Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/159

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Poco dopo essa se lo vide comparire dinanzi un’altra volta, con quell’aria sbalordita.

— Se torna la sagrestana non gli dar nulla, un’altra volta! Sanguisughe sono! Le fave stanno per terminare, hai visto?... E un’altra cosa... Dovresti andare dalla zia Sganci per un po’ d’olio... in prestito... Diglielo bene che lo vuoi in prestito, perchè noi non siamo nati per chiedere la limosina... giacchè la zia non ci ha pensato... Fra poco saremo al buio... anche Diego che è malato... tutta la notte!...

E spalancava gli occhi, accennando ancora colle mani e col capo, con un terrore vago sul viso attonito. Da lontano si udiva di tanto in tanto la tosse che si mangiava don Diego, attraverso agli usci, lungo il corridoio, implacabile e dolorosa, per tutta la casa... Bianca sussultava ogni volta, col cuore che le scoppiava, chinandosi ad ascoltare, o fuggiva come spaventata, tappandosi le orecchie.

— Non ci reggo, no! Non ci reggo!...

Infine Dio le diede la forza di ricomparire dinanzi a lui, quel giorno in cui don Ferdinando le aveva detto che il fratello stava peggio, nella cameretta sudicia, sdraiato su quel lettuccio che sembrava un canile. Don Diego non stava nè peggio nè meglio. Era lì, aspettando quel che Dio mandava, come tutti i Trao, senza lagnarsi, senza cercare di fuggire il suo destino, badando solo di non incomodare gli altri, e