Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/161

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del buon brodo, un po’ di vino vecchio che mandava la zia Sganci, l’aiutarono ad alzarsi da letto, ancora sconquassato, col fiato ai denti. Venne pure donna Marianna in persona a fargli visita, premurosa, con un rimprovero amorevole sulla faccia buona: — Come? Siete in quello stato ed io non ne so nulla? Siamo in mezzo ai turchi? Siamo parenti, sì o no? Sempre misteri! Sempre ombrosi e selvatici, tutti voialtri Trao!... rincantucciati come gli orsi in questa tana! Un bel mattino vi troveranno belli e morti all’improvviso che sarà una vergogna per tutto il parentado!... Neppure di quel negozio del matrimonio non me ne avete detto nulla!...

E sfilò quest’altro rosario: Erano pazzi, o cos’erano, a rifiutare una domanda simile a quella?... Uno sulla strada di farsi riccone come don Gesualdo Motta!... — Don Gesualdo! sissignori! I pazzi lasciateli stare!... Vedete bene in quale stato vi hanno ridotto!... Un cognato che potrebbe aiutarvi in tutti i modi... che vi toglierebbe da tante angustie!... Ah!... ah!...

Donna Marianna guardava intorno per la stanzaccia squallida, crollando il capo. Gli altri non fiatavano: Bianca a capo chino; don Ferdinando aspettando che parlasse suo fratello, cogli occhi di barbagianni fissi su di lui.

Don Diego da principio rimase attonito, brontolando: