Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/239

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bel risultato! Far la minestra per i gatti, e arrischiare la roba e la testa!... Io bado ai miei interessi, come voi... Non ho i fumi che hanno tanti altri... Parenti! parentissimi! quanto a me volentieri... Allora mettiamoci d’accordo piuttosto fra di noi...

— Ebbene? che volete fare?

— Ah? che voglio fare? La pigliate su quel verso? Mi fate lo gnorri?... Allora sia per non detto... Ciascuno il suo interesse! Fratelli! Carbonari! Faremo la rivoluzione! metteremo il mondo a soqquadro anche!... Io non ho paura!... — Nel calore della disputa il barone si era addossato all’uscio di un cortile. Un cane si mise a latrare furiosamente. Zacco spaventato se la diede a gambe colla pistola in pugno, e don Gesualdo dietro di lui, ansante. Prima di giungere in piazza di Santa Maria di Gesù, uno che andava correndo lo fermò mettendogli la mano sul petto.

— Signor don Gesualdo!... dove andate?... c’è la giustizia a casa vostra!

Quello che temeva il canonico! quello che temeva Bianca! Egli correva al buio, senza saper dove, con una gran confusione in testa, e il cuore che voleva uscirgli dal petto. Poi, udendo colui che gli arrancava dietro, con un certo rumore quasi picchiasse in terra col bastone, gli disse: — E tu chi sei?