Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/257

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Ma, vedendo passare Ciolla ammanettato come un ladro, si morse la lingua, e chinò il capo sul mortaio. — Signori miei! — sbraitava Ciolla, — guardate un po’!... un galantuomo che se ne sta in piazza pei fatti suoi!... — I Compagni d’Arme, senza dargli retta, lo cacciavano innanzi a spintoni; don Liccio Papa di scorta colla sciabola sguainata, gridando: — Largo! largo alla giustizia!... — Il Capitano Giustiziere, dall’alto del marciapiede del Caffè dei Nobili, sentenziò:

— Bisogna dare un esempio! Ci pigliavano a calci dove sapete, un altro po’!... manica di birbanti!... Un paese come il nostro, che prima era un convento di frati!... Al castello! al castello! Don Liccio, eccovi le chiavi!...

Grazie a Dio si tornava a respirare. I ben pensanti sul tardi cominciarono a farsi vedere di nuovo per le strade; l’arciprete dinanzi al caffè; Peperito su e giù pel Rosario; Canali a braccetto con don Filippo verso la casa della ceraiuola; don Giuseppe Barabba portando a spasso un’altra volta il cagnolino di donna Marianna Sganci; la signora Capitana poi in gala, quasi fosse la sua festa, adesso che ci erano tanti militari, colla borsa ricamata al braccio, il cappellino carico di piume, scutrettolando, ridendo, cinguettando, rimorchiandosi dietro don Bastiano Stangafame, il tenente, tutti i colleghi di suo marito, il