Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/295

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Nei piccoli paesi c’è della gente che farebbe delle miglia per venire a portarvi la cattiva nuova. Una mattina la baronessa stava seduta all’ombra della stoia sul balcone, imbastendo alcuni sacchi di canovaccio che Rosaria poi le cuciva alla meglio, accoccolata sullo scalino, aguzzando gli occhi e le labbra perchè l’ago non le sfuggisse dalle manacce ruvide voltandosi di tanto in tanto a guardare giù nella stradicciuola deserta.

— E tre! — si lasciò scappare Rosaria vedendo Ciolla che ripassava con quella faccia da usciere, sbirciando la casa della baronessa da cima a fondo, fermandosi ogni due passi, tornando a voltarsi quasi ad aspettare che lo chiamassero. La Rubiera che seguiva da un pezzetto quel va e vieni, di sotto gli occhiali, si chinò infine a fissare il Ciolla in certo modo che diceva chiaro: Che fate e che volete?

— Benedicite. — Cominciò ad attaccar discorso lui. E si fermò su due piedi, appoggiandosi al muro di rimpetto, col cappello sull’occipite e in mano il bastone che sembrava la canna dell’agrimensore, aspettando. La baronessa per rispondere al saluto gli domandò, facendo un sorrisetto agrodolce:

— Che fate lì? Mi stimate la casa? Volete comprarla?

— Io no!... Io no, signora mia!...

— Io no! — Tornò a dire più forte, vedendo che