Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/458

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chera in mano, seguitava a scrollare il capo, a stringersi nelle spalle, pallido come la camicia, ridotto un vero cencio. Il marchese assolutamente voleva sapere cosa cercasse quella gente, laggiù: — Eh? che cosa?

— Vogliono la vostra roba! — esclamò infine il barone Zacco fuori dei gangheri. Il marchese si mise a ridere dicendo: — Padroni! padronissimi! — In quel momento passò di furia donna Agrippina Macrì, colla tonaca color pulce che le sbatteva dietro, e nella camera della moribonda si udì un gran trambusto, seggiole rovesciate, donne che strillavano. Don Gesualdo s’alzò di botto, vacillando, coi capelli irti, posò la chicchera sul tavolino, e si mise a passeggiare innanzi e indietro, fuori di sè, picchiando le mani l’una sull’altra e ripetendo:

— S’è fatta la festa!... s’è fatta!