Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/81

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quatto quatto, rasente al muro. La signora Capitana fece udire una risatina secca, e il baronello Rubiera confermò:

— E’ lui!... Peperito!... com’è vero Dio!

Il marchese prese il braccio di sua nipote e rientrò con lei nella sala. In quel momento mastro— don Gesualdo, in piedi presso il balcone, discorreva col canonico Lupi. Questi perorando con calore, sottovoce, in aria di mistero, stringendoglisi addosso, quasi volesse entrargli in tasca col muso di furetto; l’altro serio, col mento nella mano, senza dire una parola, accennando soltanto col capo di tratto in tratto. — Tale e quale come un ministro! — sogghignava il barone Zacco. Il canonico conchiuse con una stretta di mano enfatica, volgendo un’occhiata al barone, il quale finse di non accorgersene, rosso al par di un gallo. La padrona di casa portava le mantiglie e i cappellini delle signore, mentre tutti i Margarone in piedi mettevano sossopra la casa per accomiatarsi.

— To’... Bianca!... Ti credevo già andata via!... — esclamò donna Fifì col sorriso che mordeva.

Bianca rispose soltanto con un’occhiata che sembrava attonita, tanto era smarrita e dolente; in quel tempo suo cugino si dava gran moto fra le mantiglie e i cappellini, a capo basso.

— Un momento! un momento! — esclamò don Fi-