Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/95

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— Che affare? Ne ho tanti!... Di quale affare parlate vossignoria?

— Ah! ah! la pigliate su quel verso?... Scusate... scusate tanto!...

Il canonico mutò subito discorso, quasi non gliene importasse neppure a lui: parlò dell’altro affare della gabella, che bisognava venire a una conclusione colla baronessa Rubiera: — C’è altre novità... Il notaro Neri ha fatto lega con Zacco... Ho paura che...

Don Gesualdo allora smontò dalla mula, premuroso, tirandola dietro per le redini, mentre andava passo passo insieme al prete, tutto orecchi, a capo chino e col mento in mano.

— Temo che mi cambino la baronessa!... Ho visto il barone a confabulare con quello sciocco di don Ninì... ieri sera, dietro il Collegio... Finsi d’entrare nella farmacia per non farmi scorgere. Capite? un affare grosso!... Son circa cinquecento salme di terra... C’è da guadagnare un bel pezzo di pane, su quell’asta.

Don Gesualdo ci si scaldava lui pure: gli occhi accesi dall’afa che gli brillavano in quel discorso. Temeva però gli intrighi degli avversari, tutti pezzi grossi, di quelli che avevano voce in capitolo! E il canonico viceversa, andava raffreddandosi di mano in mano, aggrottandosi in viso, stringendosi nelle spalle, guardandolo fisso di tanto in tanto, e scrollando il capo di sotto in su, come a dargli dell’asino.