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evviva la vita! 19

di sentieri, ma divene di pietra: tutto pietra, dal basso, sino in alto, pietra dai profili irosi, disperati, tragici. Qua e là, sul piano, ombre più brune sulla incerta oscurità della notte, tre o quattro chalets parevano disabitati, senza un rumore, senza un lume; solo, laggiù, laggiù, ove sembrava che continuasse, senza fine, l’anfiteatro, dei lumi fiochi indicavano, in una linea retta, una casa o, piuttosto, un grande edifizio ove erano esseri vivi. E lo stranissimo profondo silenzio dell’altipiano non era interrotto da voce umana, da rumore umano: solo le violente folate di vento vi mettevano un soffio gigantesco, con un fragore sordo. A un tratto, la luna si liberò dalle nuvole: e un larghissimo chiarore si diffuse su tutta la scena, rendendola meno tragica, ma non meno triste. Anche avvolte di luce fredda e argentina, le montagne aride e brulle, conservarono le loro attitudini sdegnose o disperate, le attitudini delle pietre che hanno visto i secoli, senza mai un filo di erba e senza un fiore: più candidi parvero i nevai della Margna e del Lunghino: e solo, laggiù, laggiù, dietro i lumi fiochi, come un grande scudo metallico scintillò, al chiaror lunare, il lago di Sils. Scrosciava, ogni tanto, turbinoso, il vento della notte.

— Vogliamo chiudere la vettura? - domandò Vittorio Lante - avete freddo?

— Ho freddo: ma se non ci tenete, preferisco non far chiudere la vettura. Il tempo diventa eterno, in una vettura chiusa.

— Eterno, è vero! È una notte lunga, questa...