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tori e marinai, intrecciatori di nasse e venditori di ostriche; nonché delle loro signore mogli, venditrici di acqua sulfurea e di ciambellette, cucinatrici di polipi e friggitrici di peperoni; nonché dei loro signori figlioli, in numero indefinito, nudi e bruni come il bronzo.
In quella strada, all’aria aperta, tutto si fa: il bucato e la conserva di pomidoro, la pettinatura delle donne e la spulciatura dei gatti, la cucina e l’amoreggiamento, la partita a carte e la partita alla morra. La strada di Santa Lucia appartiene ai luciani, che fanno il loro comodo. Le quattro viottole cieche che salgono da Santa Lucia verso la collina, valgono i fondaci del quartiere Mercato, per il luridume: i cavalcavia uniscono le case pencolanti e sbuzzanti, le cordicelle vanno da un balcone all’altro, un lumicino innanzi a una Madonnina nera illumina soltanto la viottola, dove va a cadere tutto il sudiciume di quella gente.
Non vi è più marciapiede, verso il mare: i luciani se lo pigliano tutto, per le nasse e per