Pagina:Matilde Serao La moglie di un grand'uomo, 1919.djvu/123

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commedie borghesi 115


violetta, a cinquanta centesimi il pacchetto; i nastri vecchi dei capelli fuori uso, furono ridotti a nodi per i capelli, a fiocchi pel collo; Pasqualina lavorò un merletto all’uncinetto, in filo giallo, e ne ornò un abito. Mariuccia ricamò delle striscie di tela battista allo stesso scopo — e ambedue ci perdettero le notti a lavorare di nascosto, stimolate e sospinte da un pensiero fisso. Mariuccia si fece prestare qualche romanzo da Arturo: la Cieca di Sorrento del Mastriani, il Conte di Montecristo, per tentare qualche contrabbando fra le pagine, per poterne parlare con lui: Pasqualina sacrificò la sua frangia bionda sulla fronte, si acconciò i capelli alla foggia che si portava da sei mesi e comperò un pettine di tartaruga a palline. Il giorno dell’Assunzione, Mariuccia mandò una torta dolce, impastata con le sue mani, a donna Assunta Pietraroia, madre dell’eroe, per farle ammirare le sue virtù domestiche e culinarie; Pasqualina manovrò tanto bene per far sapere, indirettamente, a Roberto Pietraroia, padre dell’eroe, che essa era esperta nella contabilità e nella scrittura doppia. Ahimè! tutte premure senza risultato. L’eroe non si decideva, rimaneva freddo, compiacendosi forse dell’omaggio amoroso delle due fanciulle. Forse aveva uno scopo.