Pagina:Matilde Serao La moglie di un grand'uomo, 1919.djvu/204

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no istinti vaghi, aspirazioni fluttuanti, indecise: desiderava i colori molli, temperati, dove le mezze tinte si sfumano come una carezza: le piccole stanze dove la temperatura è tiepida come soffio umano, dove i rumori vanno a spegnersi nella lana morbida dei tappeti; le stoffe calde e profumate, dal leggero fruscio, che circondano il corpo, come se lo amassero e palpitassero con esso, gli effluvii sottili che cullano i nervi in un dormiveglia delizioso. E sul fondo roseo-azzurro di questi sogni compariva un’ombra leggera, che poi si delineava più corretta, si distingueva; era Leone. Bello, nobile, ricco, gentiluomo innamorato, stirpe di principi: con lui la vita dovea essere una lunga ed inesauribile festa, una serie di giorni felici, sorridenti, senza mai l’amarezza del domani, senza un cruccio, senza un punto nero. Flavia l’amava; quando dalla sua carrozza ella lo vedeva passare sul cavallo inglese dalla testa svelta e dai garretti di acciaio, il cuore le si sollevava verso il bello ed elegante cavaliere; quando vedeva lo sguardo altiero di lui diventare amoroso fissandola, quando egli le parlava a voce sommessa, ella provava un fascino irresistibile. Leone era per lei tutto un mondo, un mondo elevato, superiore anche alla sventura, dove si gode la soddisfazio-