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anche debolmente sulle carte reattive: essa non contiene infatti che appena 0,005 d’alcali, ciò che ne fa un liquido meno alcalino della linfa e del chilo. Riscaldo questo matraccio a bagno maria alla temperatura di 35° a 40° C e vi verso alcune goccie d’olio d’oliva, agito, e all’istante vedete il liquido farsi lattiginoso e prendere talmente le apparenze del latte da potersi confondere con esso. Abbandonato il liquido così ottenuto a se, e alla temperatura ordinaria, conserva la sua analogia col latte, separandosi in due strati uno più opaco al disopra, in cui si veggono palesemente globetti di sostanza grassa, mentre il liquido inferiore è meno opaco e tuttavia lattiginoso. Ho empito di questa specie d’emulsione un pezzo d’intestino e l’ho immerso poi nella soluzione alcalina descritta tenuta alla temperatura di + 35° a 40° C. Dopo un certo tempo la soluzione alcalina si è intorbidata, ha preso i caratteri dell’emulsione interna, e di certo una porzione di questa è così passata al difuori della membrana.

Vi riferirò ancora un’altra esperienza che parmi più concludente. Ho empito un endosmometro d’una soluzione debolissimamente alcalina, e l’ho immerso nella emulsione che v’ho mostrato. La membrana adoperata era la solita vescica urinaria di bue, e i due liquidi al principio dell’esperienza erano caldi a + 30° C. Vi fu endosmosi e l’emulsione penetrò nella soluzione alcalina sollevando la colonna liquida di 30 mm. in pochissimo tempo.

Eccovi dei fenomeni fisici, che lungi dal risolvere in tutte le particolarità e col rigore scientifico la questione che ci siamo proposta, la rendono tuttavia meno oscura. I vasi chiliferi terminati con estremità cieche, inviluppati dalla mucosa intestinale, sono, nell’animale a digiuno principalmente, ripieni d’un liquido alcalino molto analogo alla linfa. Dopo la digestione, se specialmente si nutrì l’animale di sostanze grasse, il liquido dei vasi chiliferi non è diverso da quello di prima che per l’aggiunta di corpuscoli grassi, i quali