Pagina:Maturin - Melmoth, I, 1842.djvu/365

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tacita atmosfera della notte si riempieva di forme e di voci, ed ogni soffio di zefiro, che sibilava al di fuori della mia finestra, mi apportava i soavi angelici concenti. Adesso tutto era silenzioso e tacito; le lampane, le sacre immagini, l’altare, la volta, le mura mi contemplavano in silenzio; dessi mi stavan d’intorno come testimoni accusatori, la cui sola presenza era sufficiente per condannarmi, ancorchè non aprissero bocca. Non osava io alzare gli occhi, non osava aprir bocca, e soprattutto non osava pregare, per timore di rivelare un pensiero, sul quale non poteva implorare la benedizione di Dio. Folle! io obliava allora esser cosa altrettanto inutile che empia, il pretendere di tener celato un segreto, che Dio non può ignorare.

Cotesta mia agitazione non era durata molto tempo quando intesi camminare; era l’uomo che io aspettava. Alzatevi, mi disse egli a mala pena arrivato, non abbiamo tempo da perdere. Voi non dovete fermarvi in chiesa che un’ora, ed in quest’ora