Pagina:Maturin - Melmoth, I, 1842.djvu/399

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rata intrapresa. Io lo temeva come un demonio; lo invocava come un Nume.

Acconsentii dunque a quello che mi proponeva. Io era molto alto di statura, ma esso più robusto di me; salì sulle mie spalle, io piegai sotto il suo peso, ma pure gli riuscì di sollevare la bodola. Tutto ad un tratto piena luce ci rischiarò entrambi; egli si abbandonò, e lasciando la bodola cadde con tanta violenza, che trascinò per terra me ancora. Gli operaii sono già al lavoro, gridò egli; se ci scorgono noi siamo perduti. Quella maladetta lampana ci ha rovinati; se essa avesse durato alcuni istanti di più, a quest’ora saremmo già arrivati al giardino, avremmo scavalcato il muro, e presentemente godremmo della nostra libertà, invece che ora.... Mentre così parlava si rotolava per terra agitato da una convulsione di disperazione e di rabbia. Quanto a me, io non trovava niente di terribile nella nostra situazione; noi perdevamo, egli è vero, una giornata, ma eramo libe-