Pagina:Maturin - Melmoth, II, 1842.djvu/119

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anco in quel clima, venne a desolare il luogo dalla credulità consacrato. Un fulmine incenerì la pagode; gli abitanti, le loro case, i loro colti furono distrutti, a segno che in tutta l’isola non rimase una traccia di umanità, di cultura o di vita. I devoti consultavano la loro immaginazione per rinvenire la cagione di tante calamità ed intanto che assisi all’ombra dei loro alberi di cocco davano pascolo alla nativa loro inerzia, attribuivano tali eventi allo sdegno della medesima Sèeva irritata dalla crescente popolarità del dio Juggernaut. Pretendevano di aver veduta la di lei immagine innalzarsi di mezzo alle fiamme, che ne avevano consumati gli altari, ed erano persuasi che dessa si fosse recata in qualche altra isola più fortunata, ove sperava di fruire de’ banchetti di carne e di sangue in pace, e senza esser molestata dall’aspetto del culto di Nume rivale. In conseguenza di ciò l’isola era rimasta per un lungo spazio di anni incolta per ogni parte e spoglia affatto di abitatori.