Pagina:Maturin - Melmoth, II, 1842.djvu/131

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per istringerla un’altra volta fra le braccia, quando lo sguardo di lui si fissò sull’oggetto che aveva atterrita l’amante sua e si lasciò cadere col viso in terra immergendosi in una muta adorazione.

La figura, che essi avevano veduta era di donna, ma di un genere che non avevano giammai conosciuto. La pelle di lei era di una candidezza maravigliosa, particolarmente posta in confronto col color di bronzo degli Indiani di Bengala. Le sue vesti non consistevano che in fiori intrecciati con delle penne di pavone, ed i cui splendidi colori formavano un drappo molto degno in realtà di coprire una divinità di tal genere. I lunghi capelli castagni le cadevano fino ai piedi, e si frammischiavano fantasticamente alle penne ed ai fiori, che costituivano il di lei abbigliamento. Sul capo portava una corona di quelle brillanti conchiglie, che non si trovano, se non nelle Indie, e la di cui porpora e il verde potevano fare invidia all’amatista e allo smeraldo. Sulla di lei bianca e nuda