Pagina:Maturin - Melmoth, II, 1842.djvu/274

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sciuta in seno della natura, ed ora così ingenua anco in mezzo della civilizzazione, e che conservava tutta la soave ricchezza della sua primiera angelica natura nell’atmosfera artificiale, in cui nessuno sapeva apprezzarne o il profumo o lo splendore. Melmoth la contemplava; egli ne conosceva tutto il pregio e maladiva sè stesso. Quindi in forza di quell’egoismo, che è compagno di una sventura senza speranza, credette, che cotesta maledizione si indebolirebbe rendendone un altro partecipe, ed approssimandosi alla finestra, d’avanti alla quale se ne stava la vittima, bella quantunque pallida, col tuono più dolce, che potesse prendere le disse: Isidora volete dunque esser mia? Come dovrò rispondervi, disse. Isidora; se è l’amore, che m’interroga, io ho già detto abbastanza; se è la vanità, ho detto ancor troppo. — La vanità! ah! voi non sapete cosa vi diciate! L’angelo accusatore non dovrà certamente apporre questo peccato nel numero de’ miei. È quasi impossibile che io lo commet-