Pagina:Maturin - Melmoth, II, 1842.djvu/296

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Se egli l’avesse contemplata un istante di più avrebbe veduto sul volto d’Isidora una espressione troppo lusinghiera, se non pel suo cuore almeno per la sua vanità; avrebbe in esso rimarcato quella profonda perniciosa meditazione dell’anima, diretta a scruttare i misteri dell’amore e della religione, a fine di decidersi per l’uno o per l’altra; quella pausa sull’orlo di un abbisso, quella pausa, che fa tremare la bilancia tra Dio e l’uomo.

Al termine di pochi istanti Isidora si rialzò, e nel di lei aspetto scorgevasi una calma maggiore. Melmoth ritornato al suo posto sotto la finestra la guardò per qualche tempo con un misto di sorpresa e di compassione; ma accelerandosi a rigettare codesti sentimenti le dimandò qual pegno essa dargli volesse dell’amore che le aveva descritto, che era il solo, che meritarne potesse il nome. Il pegno, essa gli rispose, che gli uomini possono dare, cioè a dire il mio cuore, è la mia mano; la mia risoluzione di esser vostra nel grembo del