Pagina:Mazzini - Scritti editi e inediti, LXIX.djvu/30

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xxii introduzione

strandola nell’articolo su indicato. Ma già prima, cioè il 23 luglio, l’Unità Italiana aveva dato a luce una circolare, inviata il 1° dello stesso mese dal vice governatore di Bergamo a tutti i sindaci di quella provincia, perché la «pubblica opinione» fosse «illuminata in proposito» e impedire che potesse «essere travolta con mezzi che uscissero da quelli ammessi dalla legge.»

Della Protesta esistono due autografi del Mazzini, uno nel Museo del Risorgimento di Milano, l’altro in quello di Roma. Quest’ultimo fu steso dal Mazzini per essere inviato a Federico Bellazzi, allora il factotum dei Comitati di Provvedimento per Roma e Venezia; e l'accompagnò con una lettera che ha la data del 13 giugno, non ostante la Protesta rechi la data di «Italia, luglio 1861;» lettera in cui il Mazzini avvertiva: «Eccovi la Protesta. Ora, badate. È necessario, prima di pubblicarla, pensare seriamente ai modi di farla firmare. Non ho bisogno di indicare a voi e ai nostri l’importanza dell’atto. Se ottenesse un mezzo milione di firme otterrebbe la sanzione di tutta l’opinione Europea, un’eco potente in Inghilterra, e porrebbe Luigi Napoleone nella posizione d’andarsene o dichiararsi in faccia all’Europa conquistatore. Bisogna decidersi. Bisogna organizzare una radunanza pubblica, alla quale, se i nostri vogliono, concorrerà il popolo in massa: preparare discorsi in proposito, e far firmare. Questo moto avrebbe anche il vantaggio di affermare in faccia al nuovo Ministero1 il diritto di riunione, etc. Fatene, vi prego, oggetto di seria discussione tra voi. Se il popolo non prende in mano le proprie faccende, nulla avete a sperare. È questo un eccellente motivo per cominciare l’agitazione.... Se po-

  1. Il Minisiero Ricasoli, che era succeduto a quello del Cavour.