Pagina:Mazzini - Scritti editi e inediti, LXIX.djvu/336

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guisa di ronzio d’insetto noioso, l’animo onesto: con dolore, perché il pertinace tentativo d’infamar l’avversario è infamia d’uomini nati in Italia, ai quali Foscolo diceva, trentacinque anni addietro: se volete ch’altri vi rispetti, imparate a rispettarvi tra voi. La diserzione, quando s’esce da file inerti per iiccorrere lá dove si salva il paese, può. in certi e rarissimi casi, avere approvazione da noi, e dovrebbe in ogni modo avere indulgenza da tutti.

La diserzione dalle file dell’esercito patrio per vivere vita indipendente, è di grave danno morale e merita castigo severo.

La diserzione per trapassare nelle file straniere o d’una tirannide che tenta l’ultima prova, è delitto senza nome, che merita punizione e abbominio da tutti, a qualunque Partito italiano appartengano. K perché provocheremmo noi i nostri soldati jil delitto? Con quale intento? A qual prò"? Non è l’esercito nostro, gloria e speranza di tutti noi ’. Xon lo invochiamo noi forte, numeroso, disciplinato, compatto per la guerra nazionale che ancor ci avanza, e dalla quale aspettiamo l’emancipazione di Venezia e di Roma, l’indipendenza dalla prepotente influenza straniera, e l’iniziativa d’Italia tra le nazioni gementi tuttavia sotto il giogo dell’Austria? Se pure insistendo ogni giorno per una virile politica, che non può riuscire efficace se non appoggiandosi sulle baionette, a riguardo di Roma — se invocando pel Veneto l’azione dell’elemento popolare, alla quale le forze regolari possono sole assicurare l’ultima decisiva vittoria — noi ci adoprassimo a dissolvere colle diserzioni l’esercito che fronteggia il nemico, tradiremmo infamemente e stolidamente a un tempo l’esercito, Venezia, Roma, patria e noi stessi.