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MEDEA. 216
Ha proposto di dentro
L’animo: e non ardisce
Ancora a se di confessarlo. troppo
Troppo sciocca mi sono
Affrettata. Volesse
Giove, che ’l mio nimico
Havesse havuto de la mia rivale
Alcun figliuolo. Quello,
Che d’esso è tuo, gia partorì Creusa.
Mi piacque questa sorte
Di pena, e certo con ragion mi piacque,
Hora è da preparare
L’ultima sceleraggine: onde voi
Gia miei figliuoli patirete voi
Per le scelerità del padre vostro
Il supplicio, ch’ei merta.
Ma ecco nuovo horrore
Ha percosso il mio core,
E tutte mi s’agghiacciano le membra,
Mi trema il petto, e s’è partita l’ira
Di la, dove havea loco,
E cacciando la moglie
Tutta riede la madre.
Io spargerò de’ miei
Figli e de la mia prole
Misera il caro sangue?
Fia meglio, o cieco e pazzo
Furor, che tal sceleritate fiera
E nefanda et horrenda
Io diparta da me. Deh qual peccato
I miseri han commesso?
Scelerato è Giasone,
Medea più scelerata
Essendo madre loro.