Pagina:Meditazioni storiche.djvu/182

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XIII. Slimano quanto i propri, i figliuoli della sorella. Alcuni anzi tengono tal congiunzione di sangne più santa e più stretta; e nel ricevere ostaggi esigono questi, quasi per obligar più fermamente e più larga famiglia. (Ib., 20.)

XIV. L’assumere tanto le nlmicizie quanto le amicizie del padre e del congiunto, è dovere. Ma non durano implacabili. Anche l’omicidio si compone con tante teste d’armento o gregge, e tutta la casa n’accetta la satisfazione con utile del pubblico; sendo più pericolose le nimlcizie in più libertà. (Ib., 21.)

XIII. Presso ai Natcbez « non succede al capo regnante il figliuolo di lui, ma quello della sorella.... È politica fondata sulla cognizione cbe hanno della sregolatezza di lor donne; cosi, dicono, sono certi cbe chi succede è del sangue regio, almepo per parte della madre. » (Letlr. édif., tomo VII, pag. 217.)

Presso gli Irochesi e gli Croni, la dignità di capo passa sempre ai figliuoli delle zie, delle sorelle, o delle nipoti materne. (Manin dei sauvages, par le P. Lafitau, tomo I, pag. 73, 471.)

XIV. Tutti sanno che quest’uso trovasi presso a talli i popoli di civiltà incipiente, quando non è ancora potenza pubblica che protegga o punisca. Citerò un solo esempio di tale ostinazione di vendetta ne’ selvaggi; m’è sembrata notevole e somigliantissimo a quanto narrano de’ Germani Gregorio di Tours e gli altri cronachisti.

« Un indiano d’una tribù stanziata sul Maroni, uomo violento e di sangue, aveva trucidato un vicino del medesimo villaggio. Per sottrarsi alla vendetta della famiglia del nimico, ei foggi e venne ad abitare a siinapo, quattro leghe lontano dal nostro deserto. Un fratello dell’ucciso non tafrlò a seguir l’uccisore; e interrogato, ai suo arrivo a simapo, dal capitano, < A che venisse? » — < Vengo, rispose, ad nccider