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DIVISIONE PRINCIPALE DELLA STORIA. 59

non l’espose in niuna opera apposta, ei fu appunto perchè non n’era mestieri, perché tutti l’accettavano unanimi. Non fu se non all’età della restaurazione della filosofia antica, che trovandosi essa a confronto di una tutta diversa, si sentì finalmente il bisogno di esporla e propugnarla. Ed allora sorsero, oltre gli altri, que’ tre grandi già nomati, Machiavello, Vico e Montesquieu, i quali l’esposero molto più chiaramente che non avesse fatto niun antico. Postisi al punto di vista degli antichi, ma in faccia ad oppositori nuovi, riuscirono più chiari, più compiuti che non gli stessi antichi.1

IV. E questa, ei si vuol confessare, é chiarissima, semplicissima, e, quasi io diceva, per semplicità bella dottrina. Nè ella sarebbe forse distrutta dal pensiero, che sembri ripugnare alla benevolenza del Creatore l’aver Esso in tal caso prescelto un ordine dell’universo per cui gli uomini diventassero men buoni, cattivi, peggiori e pessimi via via; siffatta contraddizione potrebbe credersi apparente, e non altro che un mistero di più, oltre quelli che sono dell’esistenza del male; ondechè si potrebbe forse pur essa accettare. — Il vero difetto di tale opinione filosofica non é di contraddire ad altre parti della filosofia; è di non dar la spiegazione promessa dei fatti, di contraddir anzi assolutamente ad essi quali li vediamo, e sono oramai indubitabili a noi. Gli antichi non avean veduti se non peggioramenti; potevano credere al peggioramento perenne. Ma noi non siamo più nel medesimo caso; non possiamo credere, nè dire, nè dubitare che sia

< Tatti gli scrittori cristiani primitivi concordano con gli antichi nelle descrizioni della corruzione del mondo gentile. La più breve e più terribile di qaeste descrizioni è in san Paolo, Epistolefai Romano», cap. 1,2032. Ha gli scrittori cristiani pur vedendo il peggioramento antico, non ne predicevano la continuazione, che anzi aspettavano, annunziavano un’età novella tutto diversa: mentre gli antichi non avevano guarì niuna tale aspettazione. — Che se e ne’libri sacri indiani e forse ne’ misteri egizi! o greci fWindiscbmann, Die Pkilotophie tm fortgung der Weltgeichichte, pag. 621, 636 e seg.) rimanevano alcune reliquie tradizionali di tale aspettazione, queste erano opinioni rare e degli iniziati. Quanto agli squarci non numerosi di Virgilio, di Tacito, di svetonio e d’altri Romani citati come prove di simili aspettazioni, io crederei non fossero guari più che adulazioni di poeti e panegiristi, speranze momentanee sorte in sul primo entrare della nuova signoria d’un Augusto o d’un Vespasiano, o tutt’ al più applicazioni ad essi di quelle confuse reminiscenze, desiderii in somma più che speranze, frutti e sempre maggior prova dell’estrema ed universal disperanza.