Pagina:Melloni - Relazione intorno al dagherrotipo, Napoli, 1839.djvu/18

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tutte le parti superiori del collo gremite di minute e brillanti cristallizzazioni d’iodio: pongansi i frantumi in vicinanza del fuoco, e pochi istanti basteranno per far dileguare ogni benchè minima particella di questo corpo. L’iodio è dunque una sostanza sommamente volatile e di facilissima cristallizzazione, vale a dire, una sostanza che appena riscaldata si scioglie in vapori, i quali si depongono poscia con forme regolari, e cristalline sui corpi circostanti al menomo abbassamento di temperatura. Ora, esaminando col microscopio la superficie dello strato giallognolo che copre le lamine preparate del Dagherre, non vi si scopre il menomo indizio di cristalli. Di più, lo strato, tenuto al bujo, si mantiene intatto su queste lamine malgrado la loro esposizione ad un alta temperatura: la sostanza che lo compone non è dunque l’iodio solidificato e meccanicamente deposto sul metallo, ma sì bene il prodotto della sua chimica unione coll’argento. È noto infatti che l’ioduro ed il cloruro d’argento han pochissima tendenza alla cristallizzazione ed alla volatilizzazione.

Trovata la natura dello strato che copre la lamina, vediamo in qual maniera la luce deve modificarlo nelle sperienze del Dagherrotipo. L’iodio è un corpo semplice, o indecomposto, che nelle sue chimiche proprietà ha la massima analogia col cloro. Ora l’analisi ha dimostrato, che il cloruro d’argento si decompone sotto l’azione della luce, perdendo una porzione di cloro; per cui il residuo trovasi costituito di un miscuglio di cloruro, e d’argento in finissima polvere. Una scomposizione totalmente analoga dovrebbe dunque effettuarsi nello strato d’ioduro sotto l’influenza de’ raggi lucidi che formano l’immagine della camera oscura: quindi, lo strato giallognolo perderebbe più o meno della sua naturale consistenza ove la