Pagina:Melloni - Relazione intorno al dagherrotipo, Napoli, 1839.djvu/19

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luce percote con isvariata intensità. E ciò viene pienamente convalidato dall’esperienza, poichè avvolgendo intorno alla metà di una lamina dagherriana parecchie doppiature di un pannolino, esponendola poscia per alcuni minuti al Sole, e sciogliendo infine la sua fasciatura al bujo, tutta la porzione libera dello strato giallognolo è mobile, e togliesi facilmente collo stropicciamento delle mani; mentre la parte, che l’opacità dell’involto difendeva dall’azione dei raggi lucidi, non cede punto, e persiste.

Presentemente, come si comporterà lo strato, già sottoposto all’azione della camera oscura, quando trovasi a contatto col vapor mercuriale?

Ognun sa che l’argento è avidissimo del mercurio: l’attrazione, o affinità chimica, delle due sostanze, si manifesterà quindi a traverso l’esilissimo strato d’ioduro; e questo opporrà una resistenza, più o meno efficace, alla riunione dei due metalli, secondo che la sua coesione avrà subito un crollo, più o men forte, per l’azion decomponente dei raggi lucidi; dunque il mercurio traverserà in maggior copia lo strato d’ioduro nei punti su cui percotevano dianzi le tinte più chiare dell’immagine, e s’unirà tosto coll’argento sottostante; una porzione minore perverrà sulla lamina ne’ luoghi corrispondenti alle mezze tinte; e là, ove stendevansi le ombre decise, l’aderenza, e la coesione dello strato rimanendo intatte, il vapore metallico non potrà aprirsi la via, e la superficie dell’argento non riceverà un sol atomo di mercurio.

Rimangono da spiegarsi gli effetti delle immersioni nella soluzione d’iposolfito di soda, e nell’acqua stillata, che non presentano in vero niuna difficoltà a concepirsi, essendo perfettamente nota la gran solubilità de’ solfiti ed iposolfiti


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