Pagina:Melloni - Relazione intorno al dagherrotipo, Napoli, 1839.djvu/31

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nute, la successione de’ terreni, la configurazione delle roccie, se ne servirà egli pure con gran vantaggio nelle sue esplorazioni scientifiche.

Al naturalista gioveranno immensamente i mezzi fotografici a rilevare le figure e le proporzioni esatte delle varie parti onde si compongono gli esseri organizzati, non tanto dal lato artistico, quanto dal lato anatomico e fisiologico; poichè colle arti del disegno si possono imitare i caratteri esterni, la forma, il portamento, l’espressione, e direi quasi la vitalità di una pianta e di un animale, assai meglio che per mezzo del Dagherrotipo, il quale vuole perfettamente immobile il modello: ma dove trovar un pittore capace di copiare esattamente le seimila diramazioni nervose scoperte da Lyonnet nel baco da seta?

È poi tanta la sensibilità delle lamine Dagherriane che ritengono con sufficiente chiarezza le debolissime impressioni dipinte sulla loro superficie dalle immagini degli oggetti ingranditi sotto l’azione del microscopio composto; qualità, come ben si vede, preziosissima per lo studio di quell’immenso numero di esseri che sfuggono alla nostra contemplazione in virtù della loro prodigiosa esiguità.

E qui, cade in acconcio l’osservare, che l’ingegnosa scoperta del Dagherre tornerà utilissima alle scienze, non solamente col render più facili e precisi i disegni de’ corpi appartenenti ai tre regni della natura, ma col somministrare ai fisici un nuovo mezzo di misurare le irradiazioni chimiche della luce ed indagarne le ignote proprietà.

Paragonando insieme le impressioni fotografiche ridotte alla medesima energia colla diversa lontananza, o coi metodi