Pagina:Memorie della Accademia delle Scienze di Torino, Tomo XXIX.djvu/415

Da Wikisource.

del cav. di s. quintino 3

tenni da prima per marmi greci, anzi per quelli celebratissimi dell’isola di Paros; seguendo in ciò l’esempio della maggior parte degli Archeologi, i qhali hanno fin qui troppo facilmente giudicato essere Pario ogni antico marmo, che loro si affacciasse si fattamente cristallizzato.

Considerando però all’età di quelle fabbriche cadute in rovina, le quali per alcuni loro muri rozzamente reticolati; per le opere di getto a calcestruzzo; per la mancanza di que’ tubi destinati a condurre il calore, de’ quali, ai tempi di Seneca1, era già invalso l’uso nelle sudazioni delle terme; per essere quelle fabbriche stesse edificate di semplici mattoni, anzi che di pietra o di marmi squadrati, quali sono per lo più gli edifizi romani di un’età meno remota, e singolarmente nella vicina città di Lucca gli avanzi dell’antico teatro, e dell’anfiteatro; finalmente per la stessa elegante e regolare picciolezza, e mediocrità dell’edifizio, sembrano doversi ascrivere a quell’ epoca in cui di marmi stranieri non era per anco inondata l’Italia, cioè agli ullimi periodi della republica romana, od al regno stesso di Augusto, piuttosto che ad altra era più a noi vicina.

Osservando per altra parte che posto il nostro marmo a paragone con quello di Paros esse si mostra subilo più candido assai di quello, e che la sua grana, o piuttosto le sue laminette sono anche più grandi, e più brillanti che non sogliono essere quelle dell’altro; ch’esso è affatto privo di quel leggiero puzzo d’idrogeno sulfurato, che per lo più i marmi greci, ed il Pario singolarmente, tramandano allorchè sono percossi o stropicciati2.


  1. Sen. Epist. 85.
  2. Senza cercare altrove esempi di questa proprietà del marmo pario, se ne faccia esperimento in Lucca nell’antichissima basilica di S. Frediano (opera, a mio giudizio, in gran parte dell’ottavo secolo, e fatta con residui di più antichi edifizi) sopra due belle colonne che vi sono di tale marmo, una di statuario, l’altra di venato, ambidue a grandi lamine. Si l’uno che l’altro appartengono alla sottodivisione delle calci carbonate fetenti, ma la seconda anche più dell’altra, come suole accadere.