Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
di costanzo gazzera | 56 |
viaggi avevano, come noto il Denis1 spem uberioris lucri, invitationes aemulationes. Presa poi stabile stanza, e ricoverati sotto le ali del patrocinio di qualche sommo personaggio, allora si mostravano coi loro nome, e titoli, ed il tempo, e luogo non erano quasi mai dimenticati. Così praticò il Mattia d’Anversa in Mondovì, così si deve dire che facesse pure il Glim, il quale al Boezio, ed all’Ovidio non pose che il solo suo nome, e nel Manipulus Curatorum credè che coll’unire al suo il nome di Cristoforo Beggiamo, d’illustre e conosciuta famiglia, si venisse a sufficientemente indicare il luogo pure dell’impressione. Non altrimenti Giovanni Fabri di Langres, il quale o venisse in Piemonte per opera di Pantaleone da Confienza, o invitato da Pietro Cara, non mai tacque il luogo o tempo delle sue stampe, se forse non vogliasi un’eccezione pei Commentari del Tiberga alla Grammatica del Villadei 1479, de’ quali quanto e certo che venissero impressi coi tipi del Fabri, altrettanto n’è dubbio il luogo, che dal Malacarne vuolsi fosse Saluzzo, Torino dal Vernazza.
Se le cose sin’ora discorse hanno pur qualche peso, io stimo che soverchie debbano pur sempre riuscire tutte le indagini indiritte alla scoperta del luogo preciso della stampa della rarissima ed a tutti sin qui ignota edizione delle Eroidi di Ovidio, della quale m’accingo a dare particolar notizia.
Questo prezioso volume venutoci da quella stessa rinomata biblioteca di Bobbio, a cui l’Europa letterata debbe sì gran numero di preziose letterarie scoperte, fu stampato in forma di foglio, ed in cinque cuciture di quinterno, delle quali disgraziatamente manca la quarta: le carte prima ed ultima sono vacanti, mancano i numeri alle pagine, i richiami, le segnature, il registro. Il numero delle linee o versi d’ogni pagina compita è incostante e vario 29, 30, 31. Infine si legge in lettere ordinarie cosi:
Iohannes Glim:
- ↑ Suffrag. p. 42.