Pagina:Memorie della Accademia delle Scienze di Torino, Tomo XXIX.djvu/589

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del cav. di s. quintino 149

longobardici di que’ tempi; le quali cose dovettero pure contribuire non poco alla loro conservazione.

Due anni or sono, nel cimitero dell’antichissima, ora distrutta, pieve di Libarna, poco lontano dal borgo di Serravalle, fu scoperta un’elegante iscrizione latina, intagliata in caratteri non indegni del secondo secolo dell’era cristiana, sopra un lastrone di marmo bianco, ornato all’intorno di cornice, largo un metro, e centesimi trentacinque, ed alto centesimi novanta; tale, cioè, quale dovea essere una lapide da affiggersi ad un grande edifizio. Di fatto il luogo dove stava sepolta, servendo di coperchio ad un avello de’ bassi tempi, non è distante che pochi passi dalle accennate ruine dell’antico teatro.

Questo prezioso monumento non essendo ancora conosciuto, mi affretto di publicarlo; ed eccolo:

C • ATILIVS • C •  F • BRVDVA

PECVNIA • SVA • FECIT

IDEM

FORVM • LAPIDE • QVADRAT

STRAVIT


Non dubito punto che questo marmo abbia altre volte fatto parte dell’attiguo teatro, il quale colla sua presenza suppliva alla mancanza della parola Theatrum, nella frase elittica: ’Pecunia sua fecit.

Da questa lapide noi possiamo ricavare tre importanti notizie intorno alla storia di Libarna. Primieramente noi leggiamo in essa il nome del fondatore del suo teatro, Cajo Bradua figlio di Cajo, il quale apparteneva alla famiglia Atilia, di cui abbiamo già fatto menzione recando l’iscrizione di Atilia Elpide, trovata in Pavia; ed occorrerà di parlarne nuovamente fra poco.

Noi impariamo in secondo luogo come già in antico era costume fra i Liguri, che gli uomini doviziosi fossero larghi delle loro ricchezze nei decorare con opere publiche la patria loro. Esempio