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di dante alighieri | 173 |
stampa a segno tale si moltiplicarono l’edizioni della medesima, che fino in LVIII. se ne contano in tutte le
sola Firenze ne conta non pochi, de’ quali per altro non conviene indistintamente fidarsi, perchè fino da’ tempi di Coluccio Salutati molti testi della Divina Commedia erano assai scorretti, siccome questo letterato si lamenta in una Epistola ad Nicolaum de Tuderano accennata dal Mehus nella vita del Traversari pag. CLXXIX. e seg. Nella libreria Tempi cod. 66. cart. in fol. vi è la commedia di Dante, nella quale sino al canto 17. dell’Inferno vi è un comento d’autore incerto di carattere del 1400. Le iniziali sono miniate. I Proemi ad ogni parte sono in rima pure d’autore anonimo, ed in fine vi sono fra le altre cose quattro versi in carattere rosso:
Finis adest longi Dantis cum laude laboris
Gloria sit summo Regi, matrique precamur
Quos oro celsas confundere sedes
Dum superna dies veniet morientibus aegris.
La seguente lettera di Pier Francesco Foggini, m’informò nel 22. gennajo 1763. di quanto segue: «Il cod. Vat. 3199. contiene la Divina Commedia di Dante scritta a colonne molto diligentemente, ed è in pergamena in forma di foglio. La prima pagina di ciascun libro è ornata di rabeschi, trai quali ci sono varie armi gentilizie, e anche la prima lettera di ciascun canto è miniata con oro. Questo codice era prima di Fulvio Ursino, e monsignor Zaccagna custode della biblioteca Vaticana vi ha in principio fatto scrivere questo titolo: Dante le poesie, scritto di mano del Boccaccio con una epistola sua in verso latino diretta al Petrarca, con la mano di esso Petrarca in più luoghi. Questa lettera ch’è in principio del codice, è dello stesso carattere della Commedia, e pur dello stesso carattere in fine della suddetta lettera vi si legge: Johannes de Certaldo tuus. Il Manni ha stampata questa lettera nella sua illustrazione al Decamerone pag. 25, ma nel cod. Vat. vi sono molle varietà, e invece delle parole «illustri viro D. Francisco Petrarchae laureato, vi si dice: Francisco Petrarche Poete unico atque illustri.
Siccome non solamente Luca Antonio Fortunato nella prefazione all’edizione da lui fatta dell’Ameto, ma anche Giannozzo Manetti nella vita del Boccaccio attestano, che questi si occupò in copiar libri, può essere che questo Codice Vaticano sia uno di questi, ma per esserne sicuri bisognerebbe riscontrare se il carattere è conforme a altri codici, che si dicono di mano del Boccaccio, e che esistevano, se non si sono sperduti, nella Biblioteca di codesto Convento di Agostiniani detto di S. Spirito.