Pagina:Memorie per servire alla vita di Dante Alighieri.djvu/50

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di dante alighieri 43

Pieridi1 come dicevasi in quei tempi, e oltre a diverse rime che ci ha lasciate, un compendio scrisse del medesimo Poema in verso2, ed un altro componimento diviso in più capitoli3, il quale intitolò il Dottri-

    citato «forti ragioni addur potrei per confermare l’opinione del Quattromani, (lettere pag. 37.) che questo Jacopo altri non fosse che l’istesso Piero; ei lo chiama Pier Giacomo.» Ma non mi so indurre a confondere questi due figliuoli di Dante, perchè nelle vecchie scritture, e nei codici delle nostre librerie sono distintamente nominati.

  1. Il Marchese Maffei luogo citato pag. 52. parla di questo enumerandolo fra gli scrittori Veronesi, ma con poca ragione, perchè come si è veduto nelle antecedenti annotazioni, esso non si partì di Firenze. Del restante diverse rime di lui si conservano manoscritte in Roma nella Vaticana, e nella Chigiana, codici 1124. e 589. in fogl. e 125. in 4.° in Firenze nella Strozziana, e nella Laurenziana banco LI. codice 42. ed in alcuni testi a penna, che furono di Francesco Redi, i quali si citano nel Vocabolario della Crusca edizione ultima vol. VI. pag. 68. L’Apostolo Zeno nel III. vol. delle sue lettere pag. 17. accenna una Zingaresca inedita di Jacopo di Dante, la quale si conserva in un Cod. di Rime antiche che era posseduto da Annibale degli Abati Olivieri.
  2. Nella suddetta libreria Riccardiana Plut. ordine 2. codice n. 5. leggesi questo compendio così intitolato:
    «Haec est tabula super primo libro Dantis qui vocatur Infernus, facta a Jacobo ejusdem Dantis filio». Il principio del cap. I è:
    «Cammin di morte abbreviato inferno
    del secondo.
    «Nel mezzo del cammin di nostra vita ec.
    Di questa poesia vedasi quanto scrive nelle sue novelle letterarie il più volte citato Lami all’anno 1756. col. 610. e seg. e col. 625. e seg.
  3. Di questo tornerà in acconcio di parlare più a basso. Del restante, avendo Francesco Maria Raffaelli di Gubbio incontrati alcuni dei capitoli mentovati, cioè il 1.° il 6. e il 10.° di quelli che serba il codice Riccardiano, in un suo testo a penna scritto nel secolo XIV. o XV. contenente alcune poesie di Busone da Gubbio suo illustre antenato, ha creduto che di questo fossero i detti capitoli, e gli ha inseriti fra le altre rime di lui, dietro al suo erudito trattato della famiglia, della persona del medesimo messer Busone, il qual trattato forma il tomo XVII. delle Deliciae eruditorum stampato dal Lami. Ma per giudicare con più certezza di questo fatto, neces-