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186 memorie storiche della città

dell’apostolico suo ministero, ed in occasione di questa visita egli recitò dal sacro altare in più luoghi delle sacre omelìe ornate di quell’unzione e di quell’aurea eloquenza, che ammirasi in quelle dei più grandi Vescovi, ed io stesso una ne udii nella chiesa parrocchiale di Tajo mia patria, che sarebbe stata degna d’un Bossuet e d’un Fenelon. Cristoforo Sizzo ad un grave e dignitoso contegno, ch’era in lui naturale, e che comandava rispetto e venerazione a tutti quelli che gli si accostavano, accoppiava ad un tempo stesso l’affabilità e la dolcezza delle maniere. Una vera e soda pietà scevra da ogni pregiudizio, la più pura ed illibata integrità di costumi, un eccelente discernimento ed uno squisito giudizio, una scelta erudizione e dottrina attinta ai più puri fonti, ed ai più gravi e classici autori, un cuore generoso e nobile, un amore ardente della virtù, e la più profonda avversione ad ogni spezie d’ingiustizia erano i pregi, de’ quali Cristoforo Sizzo era adorno nel più eminente grado. Ma mentre egli governava il suo Principato con quella saggezza, e con quelle virtù, che il rendevano l’oggetto della devozione e dell’amor de’ suoi sudditi, e che gli conciliavano la stima ed il rispetto degli esteri, avvenne un fatto per cui dovette egli pure provare, quanto sia incostante la felicità della vita umana. Scrive un celebre filosofo, che alla gloria d’un grand’uomo manca qualche cosa, se egli non è mai stato