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34 | memorie storiche della città |
gi, che posti in corona al dire di S. Vigilio nella lettera ad Joannem Costantinopolitanum presentavano a chi entrava nella Valle l’aspetto d’una specie di teatro, era una prova della prosperità e felicità pubblica, e del saggio e dolce governo de’ Romani. Anche que’ villaggi, e quelle terre, che nelle altre parti del Trentino or veggiamo, molte delle quali son oggidì pur nobili e ragguardevoli, erano forse in quel tempo più ragguardevoli ancora; poichè i secoli infelici, che susseguirono, e le invasioni de’ popoli settentrionali, e le devastazioni, e gl’incendj, e le ruine, da cui furono accompagnate, gittarono tutta l’Italia in un nuovo stato di barbarie, e di povertà, a cui ella non uscì che lentamente nelle posteriori età. Ella salì bensì poi nuovamente ad opulenza e grandezza; ma per quanto sia il suo presente splendore, esso è tuttavia ben lungi dall’eguaglìare l’antico.
Egli è vero, che v’ebbero talvolta dei tiranni, che insanguinarono e funestarono Roma; ma le crudeltà di Tiberio, di Caligola, di Claudio, di Nerone, di Domiziano, di Commodo e d’altri non furono fatali che ad alcuni particolari, e ad alcune famiglie le più elevate della capitale, nè si fecero pressochè sentire oltre il recinto dil Roma. Se si eccettua la tempesta, che avvenne dopo la morte di Nerone per le guerre di Galba, Ottone, e Vitellio aspiranti all’Impero, ma dissipata ben tosto da Vespasiano, i due pri-