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52 | memorie storiche della città |
furono per l’esito del combattimento condannati, i quali poi si conobbe ch’esser dovevano assolti: ma questo barbaro costume non potè esser abolito giammai, come attesta lo stesso Re Luitprando nelle sue leggi1. Sed propter consuetudinem, dic’egli, gentis nostræ longobardicæ legem impiam vetare non possumus.
Egli è vero, che in progresso di tempo i Longobardi, sia pel consorcio cogl’Italiani, sia per l’influenza e forza del clima, si andarono gradatamente spogliando d’una parte della natìa loro ferocia, ed imbevendosi di costumi alquanto più civili ed umani. Nel numero de’ loro Re ve n’ebbero pure di probi e saggi, che governarono il Regno con moderazione e giustizia. Il Re Autari rialzò la dignità e la maestà del trono, e tenne in ubbidienza i suoi Duchi. Egli aveva in moglie Teodelinda figlia di Gundibaldo Duca di Baviera, la quale talmente acquistata avevasi per le sue virtù la venerazion de’ Longobardi, che morto il marito la riconobbero Reggente del regno, e le diedero la facoltà di scegliere in suo secondo marito ed in nuovo Re quello, che più le piacesse. Teodelinda scelse Agilolfo Duca di Torino. I nuovi Regnanti furono costantemente addetti alla purità della religione cattolica in guisa, che poche sono le contrade di Lombardia, dove ancor non si mostrino,
- ↑ Lib. 6. leg. 65. et lib. I. cap. 10. leg. I.