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civile virtù; zelatore integerrimo dei proprii doveri, cui provvedeva con maturità di senno, e con perspicace prudenza, tenero verso gli infelici, che soccorreva di denaro e di conforto, largo di consiglio, e di aiuto agli oppressi che a lui si volgevano, dolce di maniere, umile di cuore, la sua perdita è stata vivamente sentita, ed è amaramente compianta da tutti coloro che lo conobbero, e ne ammirarono anche nei dì cadenti l’altezza di spirito, e le preziose doti dell’animo. È conforto ai numerosi congiunti, agli amici superstiti, il pensiero che la memoria di questo uomo dabbene non sarà cancellata sì tosto, ma sarà invece a lunga pezza, ed a profondi caratteri scolpita nei cuori dei poverelli soccorsi e di tutti quelli, che ebbero lumi, consiglio, e protezione dall’illustre, ed a giusto titolo lacrimato defunto. »
Era nato nel forte di Ceva di cui era comandante suo padre il marchese Giuseppe Ignazio Ceva di Roascio e Lesegno li 22 dicembre 1757, ebbe per padrini il conte Garelli di Rifreddo, e la contessa Adelaide Del Carretto.
Non volle che la sua memoria venisse meno in Ceva sua patria e fondò un anniversario perpetuo in questa collegiata, in suffragio dell’anima sua con una generosa retribuzione ai signori Canonici, ai signori Cappellani ed a tutti gl’inservienti di questa funebre funzione (ordinato capitolare 11 gennaio 1832).
Legò pure a questa chiesa un magnifico stolone ricamato in oro.
3. D. Pio Bocca.
Quantunque di quest’illustre benefattore della città di Ceva sua patria siasi dovuta fare onorevole menzione parlando delle sue generose elargizioni alle opere pie, non deve però omettersi in quest’elenco dei distinti uomini di chiesa, tanto più che il suo elogio è compendiato con eleganza di stile in un’iscrizione latina del Cevese avvocato Stefano Dalmazzone, già suo scuolaro, stampato in Torino nel 1840 del tenore seguente.