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358 | dei longobardi e del chiostro e chiesa di s. sofia |
spettatore di quelle tragedie, parla di quegli scempii con le lagrime agli occhi. Poco innanzi del loro arrivo, la Lombardia era stata travagliata da orribile peste e da carestia. Per la qual cosa, essendo quella regione stremata di forze e di averi, e non potendo l’Imperatore greco Tiberio mandare milizie in Italia, a causa della guerra persiana1, facile riuscì agli invasori distendere rapidamente il loro dominio e rafforzarlo. La prostrazione morale degl’Italiani a quel tempo non potè far esercitare nessuna azione civilizzatrice sul popolo invasore, estremamente rozzo nel sembiante e nelle vesti, digiuno della più elementare cultura2.
La stessa sorte della Lombardia toccò alle nostre provincie; e per le stesse ragioni, della peste e della carestia, i nostri castelli uno appresso l’altro si arresero. Così i Longobardi presero e devastarono Aquino (anno 577), la sede Vescovile presso il Volturno, e distrussero il celebre Monastero di Montecassino, in guisa da farlo rimaner disabitato per oltre cento anni3. Lo esterminio e le depredazioni continuarono per la Campania, per le Puglie e per la moderna Calabria, sempre diretti più crudelmente contro le Chiese ed i Monasteri.
I Longobardi, quando discesero in Italia, erano o pagani o ariani; la qual cosa spiega in parte la loro avversione contro la religione cattolica, avversione in Benevento dispiegata più violentemente4. E mentre nella Lombardia, per opera della regina Teodolinda5, si operò più presto la conversione di essi alla fede cattolica, quì in Benevento durò a lungo l’idolatria, non ostante che Arechi I, succeduto a Zotone nel 591, se non convertito proprio al cristianesimo (come a taluno è parso dedurre da una lettera indirizzata a lui da S. Gregorio Magno per la provvista di certi legnami che occorrevano per il tempio di S. Pietro e Paolo in Roma), avesse fatta una certa tregua col Papa6.