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220 xix - antigono


Demetrio.   T’accheta, Ismene. In queste spoglie

un de’ custodi io son creduto.
Ismene.   E vuoi...
Demetrio. Cambiar veste col padre;
far ch’ei si salvi, e rimaner per lui.
Ismene. Férmati. Oh generosa,
ma inutile pietá!
Demetrio.   Perché? Di questo
orrido loco al limitare accanto
ha il suo nascosto ingresso
la sotterranea via, che al mar conduce:
esca Antigono quindi, e in un momento
nel suo campo sará.
Ismene.   Racchiuso, oh Dio!
Antigono è colá; né quelle porte
senza la regia impronta
v’è speranza d’aprir.
Demetrio.   Che! giunto invano
fin qui sarei?
Ismene.   Né il piú crudele è questo
de’ miei terrori. Antigono ricusa
furibondo ogni patto; odia la vita,
ed ha seco un velen.
Demetrio.   Come! A momenti
dunque potrebbe... Ah! s’impedisca. Or tempo
è d’assistermi, o numi.
  (in atto di snudar la spada e partire)
Ismene.   Aimè! che speri?
Demetrio. Costringere i custodi
quelle porte ad aprir. (come sopra)
Ismene.   T’arresta. Affretti
cosí del padre il fato.
Demetrio.   È ver. Ma intanto,
se il padre mai... Misero padre! Addio!
soccorrerlo convien. (risoluto)
Ismene.   Ma qual consiglio...