Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
atto terzo | 219 |
nunzio tornar.
Clearco. Ma che a lui dir degg’io?
Antigono. Di’ che ricuso il trono;
di’ che pietá non voglio;
che in carcere, che in soglio
l’istesso ognor sarò;
che della sorte ormai
uso agl’insulti io sono;
che a vincerla imparai,
quando mi lusingò.
(entra Antigono nella prigione, che subito vien chiusa da’ custodi)
quel prigionier. Se del voler sovrano
questa gemma real non v’assicura,
disserrar non osate
di quel career le porte.
Chi trasgredisce il cenno è reo di morte.
(i custodi, osservata la gemma, si ritirano)
Ismene. Clearco, ah! non partir: senti, e, pietoso
di sí fiere vicende...
Clearco. Perdona, udir non posso: il re m’attende. (parte)
SCENA II
Ismene, poi Demetrio in abito di soldato d’Epiro.
Agenore all’assalto, è d’Alessandro
vittima il padre; e, se ubbidir ricuso,
lo sará di se stesso. Onde consiglio
in tal dubbio sperar?
Demetrio. (senza vedere Ismene) Lode agli dèi!
ho la metá dell’opra.
Ismene. Ah! dove ardisci
german...