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124 ii - siroe


perdo i mezzi al disegno. Or non m’osserva;
siam soli: il tempo è questo.)
Cosroe.  (Un reo l’accusa,
per render forse il fallo suo minore.)
Emira. (La vittima si sveni al genitore.)
 (snuda la spada per ferir Cosroe)

SCENA V

Medarse e detti.

Medarse. Signore...
Emira.  (Oh dèi!)
Medarse.  Perché quel ferro, Idaspe?
Emira. Per deporlo al suo piè. V’è chi ha potuto
farlo temer di me. Troppo geloso
io son dell’onor mio.
Io traditore! Oh Dio!
Nel piú vivo del cor Siroe m’offese.
Finché si scopra il vero,
eccomi disarmato e prigioniero.
Cosroe. Che fedeltá!
Medarse.  Forse il german procura
divider la sua colpa.
Cosroe.  Idaspe, torni
per mia difesa al fianco tuo la spada.
Emira. Perdonami, o signor; quando è in periglio
d’un sovrano la vita, ha corpo ogni ombra.
Prima dall’alma sgombra
quell’idea che m’oltraggia, e al fianco mio
poscia per tuo riparo
senza taccia d’error torni l’acciaro.
Cosroe. No, no: ripiglia il brando.
Emira. Ubbidirti non deggio.
Cosroe.  Io tel comando.