Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. I, 1912 – BEIC 1883676.djvu/257

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atto primo 251


coll’idea di tradirlo? Il reo disegno
mi leggerebbe in faccia. A’ gran delitti
è compagno il timor. L’alma ripiena
tutta della sua colpa
teme se stessa. È qualche volta il reo
felice sí, non mai sicuro. E poi
vindice di sua morte
il popolo saria.
Massimo.  L’odia ciascuno:
vano è il timor.
Fulvia.  T’inganni; il volgo insano
quel tiranno talora,
che vivente abborrisce, estinto adora.
Massimo. Tu l’odio mi rammenti, e poi dimostri
quell’istessa freddezza,
che disapprovi in me!
Fulvia.  Signor, perdona
se libera ti parlo. Un tradimento
io non consiglio, allora
che una viltá condanno.
Massimo.  Io ti credea,
Fulvia, piú saggia e men soggetta a questi
di colpa e di virtú lacci servili,
utili all’alme vili,
inutili alle grandi.
Fulvia.  Ah! non son questi
que’ semi di virtú, che in me versasti
da’ miei primi vagiti infino ad ora.
M’inganni adesso o m’ingannasti allora?
Massimo. Ogni diversa etade
vuol massime diverse. Altro a’ fanciulli,
altro agli adulti è d’insegnar permesso.
Allora io t’ingannai.
Fulvia.  M’inganni adesso.
Che l’odio della colpa,
che l’amor di virtú nasce con noi,