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274 iv - ezio


è segno d’amistá. Saprò per lui
impiegar l’opra mia;
ma voglia il ciel che inutile non sia.
Fulvia. Non dir cosí. Niega agli afflitti aita
chi dubbiosa la porge.
Varo.  Egli è sicuro,
sol che tu voglia. A Cesare ti dona,
e, consorte di lui, tutto potrai.
Fulvia. Che ad altri io voglia mai,
fuor che ad Ezio, donarmi? Ah! non fia vero.
Varo. Ma, Fulvia, per salvarlo, in qualche parte
ceder convien. Tu puoi l’ira d’Augusto
sola placar. Non differirlo; e in seno
se amor non hai per lui, fingilo almeno.
Fulvia. Seguirò il tuo consiglio,
ma chi sa con qual sorte! È sempre un fallo
il simulare. Io sento
che vi ripugna il core.
Varo.  In simil caso
il fingere è permesso;
e poi non è gran pena al vostro sesso.
          Fulvia. Quel fingere affetto,
     allor che non s’ama,
     per molti è diletto;
     ma «pena» la chiama
     quest’alma non usa
     a fingere amor.
          Mi scopre, m’accusa,
     se parla, se tace,
     il labbro, seguace
     de’ moti del cor. (parte)