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298 iv - ezio


Valentiniano.  Ezio, va’ pur: conoscerai qual sono.
               Ezio. Se la mia vita
          dono è d’Augusto,
          il freddo Scita,
          l’Etiope adusto
          al piè di Cesare
          piegar farò.
               Perché germoglino
          per te gli allori,
          mi vedrai spargere
          nuovi sudori;
          saprò combattere,
          morir saprò. (parte)

SCENA VII

Valentiniano, Fulvia e Massimo.

Valentiniano.  (Va’ pur, te n’avvedrai.)
Massimo.  (Perdo ogni speme.)
Fulvia. Generoso monarca, il ciel ti renda
quella felicitá che rendi a noi.
I benefici tuoi
sempre rammenterò. Lascia che intanto
su quell’augusta mano un bacio imprima.
Valentiniano.  No, Fulvia: attendi prima
che sia compito il dono: ancor non sai
quanto ogni voto avanza,
quanto il dono è maggior di tua speranza.
Massimo. Cesare, che facesti? Ah! questa volta
t’ingannò la pietade.
Valentiniano.  E pur vedrai
che giova la pietá, ch’io non errai.
Ogni cura, ogni téma
terminata sará.
Massimo.  Qual pace acquisti,
se torna in libertá?