Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. I, 1912 – BEIC 1883676.djvu/65

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atto terzo 59


Selene.  Se fui rivale,
ragion non hai...
Didone. Dagli occhi miei t’invola;
non accrescer piú pene
ad un cor disperato.
Selene. (Misera donna, ove la guida il fato!) (parte)

SCENA XIX

Didone ed Osmida.

Osmida. Crescon le fiamme, e tu fuggir non curi!
Didone. Mancano piú nemici? Enea mi lascia,
trovo Selene infida,
Iarba m’insulta, e mi tradisce Osmida.
Ma che feci, empi numi? Io non macchiai
di vittime profane i vostri altari,
né mai di fiamma impura
feci l’are fumar per vostro scherno.
Dunque perché congiura
tutto il ciel contro me, tutto l’inferno?
Osmida. Ah! pensa a te; non irritar gli dèi.
Didone. Che dèi? Son nomi vani.
son chimere sognate, o ingiusti sono.
Osmida. (Gelo a tanta empietade, e l’abbandono.)
(parte. Poco dopo si vedono cadere alcune fabbriche e dilatarsi le fiamme nella reggia).

SCENA ULTIMA

Didone sola.

Ah, che dissi, infelice! A qual eccesso
mi trasse il mio furore!
Oh Dio, cresce l’orrore! Ovunque io miro,