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atto secondo | 121 |
Compagni dalla cuna
tu ci vedesti, e sai
che in ogni mia fortuna
seco finor provai
ogni piacer diviso,
diviso ogni dolor. (parte)
SCENA II
Artabano, poi Arbace con alcune guardie.
Artabano. Son quasi in porto. Arbace,
avvicinati: e voi (alle guardie)
nelle prossime stanze
pronti attendete ogni mio cenno. (partono)
Arbace. (Il padre
solo con me!)
Artabano. Pur mi riesce, o figlio,
di salvar la tua vita. Io chiesi ad arte
all’incauto Artaserse
la libertá di favellarti. Andiamo:
per una via che ignota
sempre gli fu, scorgendo i passi tui,
deluder posso i suoi custodi e lui.
Arbace. Mi proponi una fuga,
che saria prova al mio delitto?
Artabano. Eh! vieni,
folle che sei. La libertá ti rendo;
t’involo al regio sdegno,
agli applausi ti guido e forse al regno.
Arbace. Che dici! Al regno?
Artabano. È da gran tempo, il sai,
a tutti in odio il regio sangue. Andiamo:
alle commosse squadre
basta mostrarti. Ho giá la fede in pegno
de’ primi duci.