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atto terzo 153


questo di fedeltá cambio e d’amore.
Sará del regno mio
soave il freno. Esecutor geloso
delle leggi io sarò. Perché sicuro
ne sia ciascun, solennemente il giuro.
 (una comparsa reca una sottocoppa con tazza)
Artabano. Ecco la sacra tazza. Il giuramento
abbia nodo piú forte: (porge la tazza ad Artaserse)
compisci il rito. (E beverai la morte.)
Artaserse. «Lucido dio, per cui l’april fiorisce,
per cui tutto nel mondo e nasce e muore,
volgiti a me. Se il labbro mio mentisce,
piombi sopra il mio capo il tuo furore;
languisca il viver mio, come languisce
questa fiamma al cader del sacro umore;
 (versa sul fuoco parte del liquore)
e si cangi, or che bevo, entro il mio seno
la bevanda vital tutta in veleno». (in atto di bere)

SCENA IX

Semira e detti.

Semira. Al riparo, signor! Cinta la reggia
da un popolo infedel, tutta risuona
di grida sediziose, e la tua morte
si procura e si chiede.
Artaserse. Numi! (posa la tazza sull’ara)
Artabano.  Qual alma rea mancò di fede?
Artaserse. Ah! che tardi il conosco:
Arbace è il traditore.
Semira.  Arbace estinto?
Artaserse. Vive, vive l’ingrato. Io lo disciolsi,
empio con Serse, e meritai la pena
che ’l cielo or mi destina:
io stesso fabbricai la mia ruina.