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172 viii - adriano in siria


SCENA VI

Adriano ed Emirena, che vuol partire.

Adriano. Dove, Emirena?

Emirena.   A pianger sola. Il pianto
libero almen mi resti,
giacché tutto perdei.
Adriano.   Nulla perdesti.
Io perdei la mia pace,
cara, negli occhi tuoi.
Emirena. (in aria maestosa)  Da te sperai
piú rispetto, o signor. L’animo regio
non si perde col regno:
ché, se il regno natio
era della fortuna, il core è mio.
Adriano. (Bella fierezza!) E in che t’offendo? Io posso
offerirti, se vuoi,
e l’impero e la man.
Emirena.   No, tu nol puoi:
son promessi a Sabina.
Adriano.   È ver, l’amai
quasi due lustri. Hanno a durare eterni
alfin gli amori? Io non suppongo in lei
tanta costanza; ed or diverso assai
son io da quel che fui. Veduto allora
non avevo il tuo volto: ero privato,
ero vicino a lei. Sospiro adesso
ne’ lacci tuoi, porto l’alloro in fronte;
e Sabina è sul Tebro, io su l’Oronte.