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varianti 231


Aquilio.   Questa favella appresi

da te, lo sai.
Sabina.   So che non siam l’istesso;
né quel che a me si soffre, è a te permesso.
          È ingrato, lo veggio;
     ma siede nel soglio:
     non deggio, non voglio
     sentirlo accusar.
          Tradí l’amor mio,
     non cura il mio affanno;
     ma sola poss’io
     chiamarlo tiranno;
     io sola di lui
     mi posso lagnar.
  (s’incammina Sabina, per discendere alle navi)
Aquilio. Men fiera un’altra volta
forse in Roma sarai.

SCENA X [IX]

Adriano con numeroso séguito, e detti.

Adriano.   Sabina, ascolta.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Sabina. Perfido! ti confondi? Intendo, intendo

le trame tue. Sappi, Adriano...
Aquilio.   Io stesso
scoprirò l’error mio. Sabina adoro.
Temei che alfin vincesse
la sua virtú. Perciò da te lontana...
Adriano. Non piú. Tutto compresi. Anima rea!
questa mercé mi rendi
de’ benefizi miei? Questa è la fede
che devi al tuo signor? Tu mio rivale?
Nemico alla mia gloria... Olá! costui
sia custodito. (alle guardie)
Aquilio.   Avversa sorte! (Aquilio è disarmato)
Adriano.   E meco
rimanga la mia sposa.
Sabina.   Io sposa! E quando?