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339 atto secondo


               Adori quel volto,

          detesti quell’alma,
          e perdi la calma
          fra l’odio e l’amor.
E sará ver che tanto
inganni un volto? Oh delle fiere istesse
Issipile piú fiera! Ai boschi ircani
accresceresti un nuovo
pregio di crudeltá. Lá non s’annida
tigre sí rea, che il genitore uccida.
E fra me la difendo! e invento ancora
scuse alla mia dimora! Il proprio inganno
confessar non vorresti,
orgoglioso mio cor. Degna d’amore
giudicasti costei,
e ancor difendi il tuo giudizio in lei.
Ma nasce il giorno: e voi, (siede sopra un sasso)
stanchi di vaneggiar, vegliate ancora,
languidi spirti miei: però vi sento
con tumulto piú lento
confondervi nel sen. S’aggrava il ciglio,
e le fiere vicende
de’ molesti pensier l’alma sospende. (s’addormenta)

SCENA X

Giasone che dorme, e poi Learco.

Learco. Abbastanza sinora

malvagio io fui. Di variar costume,
dopo tanti perigli,
ormai tempo saria. Son stanco alfine
di tremar sempre al precipizio appresso,
d’ammirar gli altri e d’abborrir me stesso.
Ma che veggo! Il rivale
dorme colá. Felice te! Nascesti