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atto terzo 133


Dircea.   Che fortunato istante!

Creusa. Che teneri trasporti!
Timante. (s’inginocchia) A’ piedi tuoi
eccomi un’altra volta,
mio giustissimo re. Scusa gli eccessi
d’un disperato amor. Sarò, lo giuro,
sarò miglior vassallo
che figlio non ti fui.
Demofoonte.   Sorgi. Tu sei
mio figlio ancor. Chiamami padre: io voglio
esserlo fin che vivo. Era finora
obbligo il nostro amor; ma quindi innanzi
elezion sará: nodo piú forte,
fabbricato da noi, non dalla sorte.
Coro.   Par maggiore ogni diletto,
     se in un’anima si spande,
     quand’oppressa è dal timor.
          Qual piacer sará perfetto,
     se convien, per esser grande,
     che cominci dal dolor?